
Il valore di un’auto moderna non risiede più nella sua scheda tecnica meccanica, ma nella sua architettura software e nella sua capacità di evolvere.
- La longevità di un veicolo è ora dettata dal suo ciclo di vita software, non da quello meccanico, creando un rischio di “obsolescenza funzionale”.
- La sicurezza non è più solo una questione di airbag, ma di protezione contro attacchi informatici che possono compromettere le funzioni vitali del veicolo.
Raccomandazione: Prima di acquistare, valuta la strategia di aggiornamento del costruttore, la maturità del suo sistema operativo e la sua dipendenza da connessioni esterne. È il nuovo test drive.
Per decenni, il metro di giudizio di un’automobile è stato inciso nel metallo: cavalli vapore, coppia, accelerazione da 0 a 100. Questi numeri, figli dell’ingegneria meccanica, hanno definito il valore e il desiderio. Oggi, questo paradigma si sta sgretolando sotto il peso di milioni di linee di codice. L’appassionato di tecnologia che si avvicina all’acquisto di un’auto nuova si trova di fronte a una realtà inedita: l’hardware è diventato una commodity, un guscio standardizzato su cui gira il vero elemento differenziante, il software.
Il dibattito comune si concentra sulla comodità di non doversi recare in concessionaria per un aggiornamento o sulla comparsa di nuove icone sullo schermo dell’infotainment. Ma questa è una visione superficiale che manca il punto cruciale. La vera rivoluzione, e il vero rischio, risiede in un concetto che abbiamo importato direttamente dal mondo IT: la longevità digitale. Se il motore di un’auto può durare vent’anni, ma il suo “cervello” digitale smette di essere supportato, sicuro e compatibile dopo cinque, cosa possediamo veramente? Un pezzo da museo meccanicamente funzionante ma funzionalmente obsoleto.
Questo articolo non parlerà di cavalli, ma di cicli di vita del software. Non di prestazioni su pista, ma di architetture elettroniche. La vera domanda non è più “quanto è veloce?”, ma “per quanto tempo rimarrà intelligente, sicura e utile?”. Stiamo passando dal possesso di un prodotto finito all’abbonamento a una piattaforma di servizi su ruote. Un cambiamento che richiede un set di strumenti di valutazione completamente nuovo, più vicino a quello di un ingegnere informatico che a quello di un meccanico.
Analizzeremo insieme i pilastri di questa trasformazione. Dalla cybersicurezza imposta per legge all’invecchiamento dei sistemi operativi, passando per i nuovi modelli di business e i rischi per la nostra privacy, questo guida fornisce le chiavi per decodificare il valore reale di un’auto nell’era del software.
Sommario: L’auto definita dal software, la guida completa
- Il rischio reale che qualcuno prenda il controllo della tua auto connessa da remoto
- Android Automotive nativo o sistema proprietario: quale invecchia meglio?
- L’errore di pagare sedili riscaldati in abbonamento mensile invece che all’acquisto
- Come le assicurazioni usano i dati della tua scatola nera per calcolare il premio?
- Quando l’infotainment della tua auto diventerà incompatibile con il tuo nuovo telefono?
- L’errore di comprare dispositivi che smetteranno di funzionare se salta internet
- Il pericolo di controllare la banca dal WiFi dell’aeroporto senza VPN
- Apple CarPlay o Android Auto: quale sistema si integra meglio senza lag?
Il rischio reale che qualcuno prenda il controllo della tua auto connessa da remoto
L’idea che un hacker possa manipolare a distanza un veicolo in movimento sembra tratta da un film di fantascienza, eppure è una minaccia così concreta da aver richiesto un intervento normativo globale. Non parliamo di un rischio teorico, ma di una vulnerabilità intrinseca all’architettura dei veicoli moderni, dove funzioni critiche come freni, sterzo e acceleratore sono controllate da centraline (ECU) interconnesse e, sempre più spesso, esposte al mondo esterno tramite la connettività di bordo.
L’evento che ha scosso l’industria è stato il famoso “Jeep Hack” del 2015. In quell’occasione, due ricercatori di sicurezza dimostrarono di poter prendere il controllo di una Jeep Cherokee attraverso una vulnerabilità nel sistema di infotainment Uconnect, arrivando a disattivare i freni del veicolo in autostrada. L’impatto fu tale da costringere a un richiamo di 1,4 milioni di veicoli, ma soprattutto innescò una profonda revisione delle pratiche di sicurezza nel settore. Questo episodio ha accelerato l’adozione di architetture di rete interne segmentate (dove i sistemi di infotainment sono isolati da quelli critici per la guida) e processi di avvio sicuro (secure boot) per garantire l’integrità del software all’accensione.
Studio di caso: Il Jeep Hack del 2015 e le conseguenze per l’industria
Nel 2015, i ricercatori Charlie Miller e Chris Valasek hanno dimostrato la possibilità di controllare remotamente una Jeep Cherokee sfruttando una falla nel sistema Uconnect. Potevano manipolare radio, tergicristalli e, cosa più allarmante, l’acceleratore e i freni. Questa dimostrazione pubblica ha costretto Chrysler a un richiamo massivo di 1,4 milioni di veicoli per una patch software e ha agito da catalizzatore per l’intera industria, portando alla creazione di standard più rigorosi.
La risposta più significativa è stata l’introduzione di regolamenti specifici. Dal luglio 2024, infatti, il regolamento UNECE WP.29 R155 è obbligatorio per tutti i nuovi veicoli in produzione nell’Unione Europea. Questa normativa impone ai costruttori di implementare un “Cybersecurity Management System” (CSMS) certificato, che copre l’intero ciclo di vita del veicolo, dallo sviluppo alla rottamazione. In pratica, i produttori sono ora legalmente obbligati a garantire la sicurezza informatica dei loro veicoli, a monitorare le minacce e a fornire aggiornamenti OTA per correggere le vulnerabilità scoperte. La sicurezza non è più un’opzione, ma un requisito di omologazione.
Android Automotive nativo o sistema proprietario: quale invecchia meglio?
La scelta del sistema operativo (OS) che governa l’infotainment di un’auto è una delle decisioni più critiche e sottovalutate nell’acquisto di un veicolo nuovo. Questa scelta determina non solo l’esperienza utente quotidiana, ma soprattutto la longevità digitale del veicolo, un fattore cruciale in un paese come l’Italia. Qui, dove la vita media di un’auto supera gli 11 anni, il rischio di “obsolescenza funzionale” è altissimo: un’auto meccanicamente perfetta ma con un software inutilizzabile.
Le due filosofie principali sono contrapposte: i sistemi proprietari, sviluppati internamente dai costruttori (come l’iDrive di BMW o l’MBUX di Mercedes), e Android Automotive OS (da non confondere con Android Auto, che è una proiezione del telefono), un sistema operativo completo fornito da Google e adottato da marchi come Volvo, Polestar e Renault. I sistemi proprietari offrono un’integrazione profonda con l’hardware del veicolo e un’identità di marca forte, ma il loro tallone d’Achille è il ciclo di vita del software. I costruttori automobilistici non sono aziende software: il supporto tende a esaurirsi dopo 5-7 anni, lasciando il sistema senza aggiornamenti di sicurezza, nuove app o compatibilità con i futuri standard.
Android Automotive, al contrario, si appoggia sull’ecosistema e sulla cadenza di aggiornamenti di Google. Questo garantisce un accesso al Google Play Store (con app ottimizzate per la guida), aggiornamenti di sicurezza regolari e una maggiore probabilità di compatibilità a lungo termine. Alcuni brand, come Volkswagen, si sono spinti a promettere un supporto di 15 anni, allineando finalmente la longevità digitale a quella meccanica. Un sistema aperto e standardizzato ha più probabilità di invecchiare con grazia, mantenendo il valore residuo dell’auto più alto.

La scelta non è banale. Un sistema proprietario oggi affascinante potrebbe diventare un costoso “debito tecnologico” tra cinque anni. Un sistema basato su Android Automotive, pur essendo potenzialmente meno personalizzato, rappresenta una scommessa più sicura sul futuro. Il confronto che segue evidenzia le differenze chiave nel ciclo di vita.
Il seguente prospetto, basato su un’analisi comparativa del settore automotive, riassume le differenze fondamentali nel ciclo di vita tra i due approcci.
| Caratteristica | Android Automotive | Sistema Proprietario |
|---|---|---|
| Supporto garantito | 15 anni (Volkswagen) | 5-7 anni tipicamente |
| Ecosistema app | Google Play Store | App limitate dal costruttore |
| Aggiornamenti | Regolari da Google | Dipendenti dal costruttore |
| Compatibilità futura | Alta | Limitata |
| Impatto valore usato | Mantiene valore | Deprezzamento rapido |
L’errore di pagare sedili riscaldati in abbonamento mensile invece che all’acquisto
Il modello “Features on Demand” (FoD), ovvero la vendita di funzioni hardware già installate sull’auto tramite abbonamento mensile o annuale, rappresenta una delle derive più controverse dell’auto definita dal software. L’idea, dal punto di vista del costruttore, è quella di creare flussi di ricavi ricorrenti e standardizzare la produzione: tutte le auto escono dalla fabbrica con l’hardware completo (sedili riscaldati, sospensioni adattive, fari a matrice di LED), che viene poi “sbloccato” via software a pagamento. Per il consumatore, tuttavia, questa pratica solleva seri interrogativi economici e legali.
L’errore fondamentale è percepire l’abbonamento come una forma di flessibilità. In realtà, si sta pagando per utilizzare un componente che si è già acquistato e che è fisicamente presente nel veicolo. Questo non solo crea una sensazione di “riscatto” ingiustificato, ma ha un impatto diretto e negativo sul valore residuo dell’auto. Un potenziale acquirente di un veicolo usato si troverà di fronte a un’incognita: le funzioni che vede sono attive? Saranno trasferibili? O dovrà pagare nuovamente per averle? Questo elemento di incertezza può portare a un deprezzamento aggiuntivo stimato tra il 15% e il 20%.
In Italia, la questione assume anche contorni legali. Come sottolineato da diverse analisi, la pratica potrebbe essere contestata. Un’associazione di consumatori, in una sua recente analisi sulle pratiche commerciali del settore, ha evidenziato un punto cruciale:
I servizi in abbonamento per funzioni hardware già presenti nell’auto potrebbero configurarsi come clausole vessatorie secondo il Codice del Consumo italiano.
– Associazione consumatori, Analisi pratiche commerciali automotive 2024
Prima di firmare un contratto, è fondamentale avere una chiara comprensione di quali funzioni sono “a vita” e quali sono legate a un canone. Questa trasparenza è essenziale per calcolare il costo totale di possesso (Total Cost of Ownership) e per non subire amare sorprese in fase di rivendita. La seguente lista offre spunti pratici per affrontare la discussione con il venditore.
- Verificare quali funzioni sono incluse nel prezzo di acquisto e quali richiedono abbonamento.
- Calcolare il costo totale degli abbonamenti per l’intero periodo di possesso previsto.
- Chiedere al venditore la trasferibilità degli abbonamenti al nuovo proprietario.
- Documentare lo stato di attivazione di tutti gli optional al momento della vendita.
- Considerare il deprezzamento aggiuntivo per auto con funzioni chiave in abbonamento.
Come le assicurazioni usano i dati della tua scatola nera per calcolare il premio?
La telematica assicurativa, o polizza “Pay-As-You-Drive”, non è una novità, ma l’avvento dell’auto nativamente connessa sta trasformando radicalmente la quantità e la qualità dei dati raccolti. Non si tratta più solo di una “scatola nera” installata a posteriori, ma di un flusso di dati costante proveniente da decine di sensori del veicolo, direttamente accessibile dalla casa madre e, con il consenso dell’utente, dalle compagnie assicurative. In Italia, questo mercato è particolarmente maturo: si stima che oltre il 35% delle polizze auto italiane includa una scatola nera, con una forte spinta da parte dei leader di settore.
La promessa per l’automobilista è uno sconto sul premio, basato su uno stile di guida virtuoso. Ma quali sono esattamente i parametri che gli algoritmi analizzano per definire il nostro “profilo di rischio”? La raccolta dati è estremamente granulare e va ben oltre la semplice registrazione della velocità. I sistemi moderni monitorano ogni aspetto del comportamento alla guida per costruire un modello predittivo della probabilità di incidenti.

I dati raccolti includono accelerazioni e frenate brusche, la velocità media tenuta nei diversi contesti stradali, l’aggressività nelle curve e persino gli orari e le zone di utilizzo del veicolo. Guidare di notte o in aree statisticamente più soggette a furti o incidenti può influenzare negativamente il punteggio. Un aspetto nuovo e interessante è il monitoraggio dell’utilizzo dei sistemi di assistenza alla guida (ADAS). Un guidatore che fa un uso frequente e corretto del cruise control adattivo o della frenata d’emergenza può essere considerato più sicuro.
Ecco un elenco dettagliato dei dati tipicamente analizzati dalle compagnie assicurative telematiche:
- Accelerazioni e frenate brusche: Frequenza e intensità di questi eventi, indicatori di uno stile di guida aggressivo.
- Orari di utilizzo: La guida notturna (specialmente nel weekend) è considerata a maggior rischio.
- Zone frequentate: Analisi delle aree percorse per determinare l’esposizione a rischi come furti o traffico intenso.
- Velocità media e rispetto dei limiti: Confronto costante tra la velocità del veicolo e i limiti di velocità della strada percorsa.
- Utilizzo sistemi ADAS: Frequenza di attivazione e intervento degli assistenti di guida.
- Percorrenza annuale: Verifica dei chilometri effettivi rispetto a quelli dichiarati in polizza.
Quando l’infotainment della tua auto diventerà incompatibile con il tuo nuovo telefono?
Il disallineamento tra il ciclo di vita di un’automobile e quello di un dispositivo di elettronica di consumo è la fonte di una delle maggiori frustrazioni per gli automobilisti tech-savvy. Un’auto viene progettata per durare oltre un decennio, mentre uno smartphone ha un ciclo di vita effettivo di 3-4 anni. Questo crea un inevitabile “gap di compatibilità”: il sistema di infotainment, che al momento dell’acquisto era all’avanguardia, diventa progressivamente un ostacolo, incapace di comunicare correttamente con i nuovi telefoni e i loro sistemi operativi aggiornati.
Il problema è meno sentito con i sistemi di proiezione come Apple CarPlay e Android Auto. Essendo il software eseguito principalmente sul telefono, la compatibilità è in gran parte garantita dagli aggiornamenti del sistema operativo dello smartphone stesso, che di solito mantengono una buona retrocompatibilità. Il vero punto critico emerge con le funzioni Bluetooth native dell’auto o con i sistemi di infotainment proprietari più vecchi. Un nuovo protocollo Bluetooth o un aggiornamento del sistema operativo del telefono può rendere impossibile la sincronizzazione dei contatti, lo streaming audio o persino la connessione stessa.
Un esempio concreto di questo fenomeno è stata la decisione di Google, annunciata per il 2025, di terminare il supporto di Android Auto per i telefoni con sistema operativo Android 8 (lanciato nel 2017). Questo dimostra come il supporto software abbia una data di scadenza ben precisa.
Studio di caso: La fine del supporto di Android Auto per Android 8
La decisione di Google di interrompere, a partire dal 2025, il supporto di Android Auto per i dispositivi che eseguono ancora Android 8 “Oreo” è un esempio lampante di obsolescenza software. Milioni di utenti con telefoni perfettamente funzionanti ma non più aggiornabili si sono trovati di fronte a una scelta forzata: rinunciare a una funzione chiave della loro auto, acquistare un nuovo telefono o, in alcuni casi, non poter più usare l’infotainment in modo integrato. Questo evidenzia come la dipendenza da ecosistemi esterni introduca un fattore di rischio nel ciclo di vita dell’auto.
Il seguente quadro comparativo, basato su dati medi di settore, illustra la drammatica differenza nei cicli di vita dei vari componenti dell’ecosistema digitale di un’auto.
Questa tabella, basata su un’analisi dei cicli di vita tecnologici, mette a confronto la durata media dei dispositivi e del loro supporto software.
| Dispositivo | Vita media | Supporto software | Compatibilità |
|---|---|---|---|
| Auto in Italia | 11-12 anni | 5-7 anni | Problematica dopo 7 anni |
| Smartphone iOS | 4-5 anni | 6-7 anni | Ottima retrocompatibilità |
| Smartphone Android | 3-4 anni | 3-5 anni | Variabile per marca |
| CarPlay/Android Auto | Continuo | Retrocompatibilità 5+ anni | Buona con aggiornamenti |
L’errore di comprare dispositivi che smetteranno di funzionare se salta internet
L’auto “always-on”, costantemente connessa alla rete, offre funzionalità straordinarie come la navigazione con dati sul traffico in tempo reale, lo streaming musicale e il controllo remoto tramite app. Tuttavia, questa dipendenza dalla connettività nasconde un rischio significativo: cosa succede quando la connessione viene a mancare? Un’auto progettata con una filosofia “cloud-first” può trasformarsi da un gadget intelligente a un costoso fermacarte se si trova in un’area senza copertura di rete, come un garage sotterraneo o una remota strada di montagna.
L’errore, come ingegneri, è progettare sistemi che non prevedono una modalità di funzionamento “degradata” ma funzionale in assenza di connessione. Alcuni veicoli, ad esempio, si affidano a un’autenticazione via server per l’avvio: senza rete, l’auto potrebbe non partire. In altri casi, funzioni essenziali come la climatizzazione o persino la regolazione dei sedili sono accessibili solo tramite il touchscreen, che a sua volta potrebbe richiedere una connessione per caricare l’interfaccia utente. Un sistema di navigazione che funziona esclusivamente in streaming, senza mappe memorizzate localmente, diventa inutile non appena si perde il segnale 4G/5G.
È qui che l’architettura software fa la differenza. Un sistema ben progettato garantisce che le funzioni critiche per la guida e il comfort di base siano sempre disponibili offline. Il riconoscimento vocale dovrebbe avere un set di comandi base processati localmente, le mappe dovrebbero essere scaricabili e memorizzate nella memoria interna del veicolo, e i controlli fisici (o scorciatoie permanenti sull’interfaccia) per clima e sbrinamento dovrebbero essere sempre presenti. Comprare un’auto la cui intelligenza risiede interamente nel cloud è un azzardo. Significa delegare la funzionalità di base del proprio veicolo a un fattore esterno e inaffidabile come la rete cellulare.
Prima dell’acquisto, è imperativo interrogare il concessionario su questi aspetti. La loro risposta (o la loro incertezza) è un indicatore prezioso della maturità della piattaforma software del veicolo. Ecco una lista di domande chiave da porre:
- La navigazione funziona completamente offline o richiede una connessione costante per il calcolo del percorso?
- L’auto si avvia e può essere guidata normalmente se non riesce ad autenticarsi con il server del costruttore?
- Quali funzioni essenziali (clima, sbrinatore, radio) dipendono da una connessione attiva per funzionare?
- Le mappe del navigatore sono scaricate e aggiornate localmente o sono sempre in streaming?
- Il sistema di riconoscimento vocale è in grado di eseguire comandi base (es. “chiama contatto”, “alza temperatura”) senza connessione a internet?
Il pericolo di controllare la banca dal WiFi dell’aeroporto senza VPN
Il concetto di sicurezza informatica si estende ben oltre i confini del veicolo stesso. L’auto connessa diventa un hub per la nostra vita digitale, sincronizzando contatti, calendari, messaggi e, sempre più spesso, metodi di pagamento per servizi come la ricarica elettrica o i parcheggi. Questa comodità, tuttavia, espone i nostri dati a nuovi rischi, specialmente quando ci connettiamo a reti esterne non sicure, come il WiFi pubblico di un’area di servizio o di un hotel.
Il pericolo non risiede tanto nel sistema dell’auto, che oggi è protetto da standard elevati, quanto nel canale di comunicazione. Connettere il proprio telefono o l’auto stessa a una rete WiFi pubblica non protetta è come avere una conversazione privata in una piazza affollata. Un malintenzionato sulla stessa rete può facilmente intercettare il traffico dati non crittografato utilizzando tecniche “Man-in-the-Middle”. Se da quella connessione si accede a servizi sensibili come l’home banking, le credenziali possono essere rubate con una facilità sconcertante. L’uso di una VPN (Virtual Private Network) è l’unica contromisura efficace, in quanto crea un tunnel crittografato tra il nostro dispositivo e internet, rendendo i dati illeggibili a chiunque cerchi di intercettarli.
Studio di caso: Rischi del WiFi pubblico nelle aree di servizio autostradali
Le reti WiFi offerte in aree di servizio ad alto traffico, come quelle della catena Autogrill in Italia, sono un bersaglio primario. In una dimostrazione del 2023, un gruppo di ricercatori etici ha mostrato come, attraverso una rete WiFi “gemella” malevola (un hotspot con lo stesso nome di quella ufficiale), sia stato possibile intercettare le credenziali di un’app di pagamento per la ricarica di veicoli elettrici. L’utente, convinto di essere su una rete legittima, ha inserito i propri dati, che sono stati immediatamente catturati. Questo evidenzia la criticità di non fidarsi mai delle reti pubbliche per transazioni sensibili senza una VPN.
Mantenere un’adeguata “igiene digitale” è responsabilità dell’utente. I costruttori possono rendere l’auto sicura, ma non possono proteggerci dalle nostre stesse imprudenze. Effettuare un audit periodico delle proprie abitudini e delle impostazioni di sicurezza è fondamentale per ridurre la superficie d’attacco.
Piano d’azione per l’audit della tua igiene digitale in auto
- Punti di contatto: Elenca tutti i canali di connessione del veicolo (Bluetooth, WiFi, app mobile, porte USB) e le app di terze parti a cui hai dato accesso.
- Raccolta: Fai un inventario delle credenziali (password, account) e dei dati sensibili (carte di credito) salvati nel sistema infotainment o nelle app collegate.
- Coerenza: Confronta le password usate per l’account dell’auto con quelle di servizi critici (es. home banking, email). Devono essere uniche e complesse. Attiva l’autenticazione a due fattori ovunque possibile.
- Vulnerabilità: Identifica le impostazioni di connessione più rischiose, come la connessione automatica a reti WiFi note, e disattivale. Rimuovi i dati di pagamento non essenziali.
- Piano d’integrazione: Imposta un promemoria trimestrale per rivedere i permessi concessi alle app, cambiare la password dell’account auto e cancellare dall’elenco i dispositivi Bluetooth che non usi più.
Punti chiave da ricordare
- Il valore di un’auto moderna è determinato dalla sua longevità digitale, non solo da quella meccanica.
- La sicurezza informatica non è un optional, ma un requisito di omologazione (UNECE R155) che impone ai costruttori responsabilità precise.
- Un’architettura software resiliente, che non dipende costantemente dal cloud per le funzioni essenziali, è un indice di qualità ingegneristica superiore.
Apple CarPlay o Android Auto: quale sistema si integra meglio senza lag?
Il lag, quel fastidioso ritardo tra il tocco sullo schermo e la reazione del sistema, è una delle maggiori fonti di frustrazione nell’uso di sistemi di proiezione come Apple CarPlay e Android Auto. È un errore comune, tuttavia, attribuire la colpa esclusivamente al software di Google o Apple. Nella stragrande maggioranza dei casi, la fluidità dell’esperienza non dipende dal sistema operativo del telefono, ma dall’hardware su cui questo viene proiettato: il sistema di infotainment dell’auto.
Un’analisi tecnica rivela che nel 75% dei casi il lag è causato da un processore sottodimensionato nell’unità principale dell’infotainment o, più banalmente, da un cavo USB di bassa qualità. I costruttori, per contenere i costi, spesso installano processori appena sufficienti a far girare il loro software nativo. Quando si connette un telefono che esegue CarPlay o Android Auto, il processore dell’auto deve gestire il decoding di un flusso video H.264 compresso inviato dal telefono, un’operazione computazionalmente intensiva. Se il chip non è all’altezza, il risultato è un’interfaccia a scatti, animazioni legnose e ritardi nell’input.

Il secondo colpevole è il cavo. Un cavo non certificato, danneggiato o semplicemente di scarsa qualità può causare perdite di dati nella trasmissione, costringendo il sistema a ritrasmettere i pacchetti e generando lag visibile. Per questo, utilizzare sempre il cavo originale del produttore del telefono o un cavo di alta qualità certificato è la prima e più semplice ottimizzazione da effettuare.
In sintesi, sia CarPlay che Android Auto sono sistemi maturi e ottimizzati. La differenza di performance che si percepisce tra un’auto e l’altra è quasi sempre imputabile alla qualità dell’integrazione hardware scelta dal costruttore. Un test drive non è completo senza una prova approfondita di questi sistemi con il proprio telefono e il proprio cavo. Ecco come fare un test pratico ed efficace:
- Portare il proprio telefono e il cavo USB originale o uno di alta qualità al test drive.
- Avviare contemporaneamente la navigazione (es. Waze o Google Maps) e lo streaming musicale (es. Spotify).
- Testare la reattività dei comandi vocali (“Hey Siri” / “Hey Google”) mentre la musica è in riproduzione.
- Verificare se le indicazioni di navigazione vengono replicate anche nel cruscotto digitale o nell’head-up display (indice di buona integrazione).
- Controllare la fluidità del tocco e dello zoom sulla mappa durante la navigazione attiva.
- Spegnere e riaccendere l’auto per testare la velocità e l’affidabilità della riconnessione automatica.
Prima di scegliere la tua prossima auto, quindi, valuta la sua architettura software e la potenza del suo processore di infotainment tanto quanto il suo motore. È l’unico modo per garantire un investimento che sia non solo performante oggi, ma anche intelligente, sicuro e funzionale domani.