Pubblicato il Marzo 11, 2024

Contrariamente a quanto si crede, superare lo stress da 50 ore settimanali non dipende da più disciplina, ma dalla riprogrammazione di 3 sistemi biologici che il lavoro intenso ha compromesso.

  • La gestione del cortisolo è più importante del conteggio calorico per eliminare il grasso addominale.
  • La qualità del sonno profondo, non solo la quantità, determina il recupero neurologico e fisico.
  • L’infiammazione silente causata dallo stress cronico richiede esami specifici, non un check-up standard.

Raccomandazione: Inizia con un’analisi mirata dei biomarcatori dello stress (come cortisolo salivare e omocisteina) prima di investire in un altro programma di allenamento o dieta restrittiva.

Sei un manager o un imprenditore. La tua agenda è un mosaico di scadenze, riunioni e responsabilità che si estende ben oltre le canoniche otto ore. Lavori 50, a volte 60 ore a settimana, e il successo professionale è tangibile. Eppure, a livello fisico, qualcosa si è inceppato. Nonostante la dieta ferrea e le sessioni in palestra, quel grasso addominale non accenna a diminuire. Il sonno è leggero, interrotto, e al mattino la stanchezza è più presente dell’energia. Hai provato i consigli classici: “delega di più”, “impara a dire no”, “stacca la spina”. Ma sembrano cerotti su una ferita che continua a sanguinare.

Il punto è che questi consigli agiscono sui sintomi, non sulla causa. Quando il corpo è sottoposto a uno stress cronico, entra in una modalità di “emergenza” fisiologica. Non è una questione di forza di volontà, ma di biochimica. I tuoi sistemi ormonali, neurologici e immunitari sono deregolati. La vera domanda, quindi, non è “come posso fare di più per stare meglio?”, ma “come posso riprogrammare il mio sistema biologico per prosperare nonostante le alte performance richieste?”.

Questo articolo non ti darà un’altra lista di buone intenzioni. In qualità di medico con un approccio funzionale, ti guiderò attraverso i meccanismi fisiologici che governano il tuo benessere. Esploreremo perché il tuo corpo reagisce in questo modo e, soprattutto, quali protocolli scientifici e mirati puoi implementare da subito per riprendere il controllo. Dalla crononutrizione per gestire il cortisolo alla neuroplasticità indotta dalla meditazione, scopriremo come trasformare il tuo corpo da un sistema in costante allarme a una macchina efficiente e resiliente.

Per affrontare questo percorso in modo strutturato, abbiamo suddiviso l’analisi in aree chiave, ciascuna dedicata a un aspetto cruciale del tuo equilibrio psicofisico. Questo indice ti guiderà attraverso le soluzioni pratiche e scientifiche per ogni sfida.

Perché il grasso addominale non scende nonostante la dieta ferrea e la palestra?

La risposta a questa frustrante domanda risiede in una singola parola: cortisolo. Prodotto dalle ghiandole surrenali, è il nostro ormone dello stress per eccellenza. In un manager che lavora 50 ore settimanali, i suoi livelli sono cronicamente elevati, innescando una cascata di reazioni biochimiche che sabotano ogni sforzo. Il corpo, percependo uno stato di allarme perenne, entra in modalità “sopravvivenza”. In questa condizione, come dimostrato da studi specifici, l’aumento del cortisolo favorisce l’utilizzo delle proteine come fonte energetica (catabolismo muscolare) e, contemporaneamente, ordina di accumulare grasso, specialmente a livello viscerale, come riserva strategica.

Questo processo è aggravato dalla resistenza all’insulina, un’altra conseguenza diretta dello stress cronico. Il cortisolo elevato aumenta la glicemia; per compensare, il pancreas produce più insulina. Con il tempo, le cellule diventano “sorde” al segnale dell’insulina, e il glucosio in eccesso viene convertito e immagazzinato come grasso addominale. La soluzione non è mangiare meno, ma mangiare in modo strategico per modulare la risposta ormonale. La crononutrizione diventa fondamentale. Un protocollo anti-cortisolo per un professionista impegnato non si basa sulla privazione, ma sulla scelta e sul timing degli alimenti.

Piano d’azione: Protocollo alimentare anti-cortisolo

  1. Colazione bilanciata: Sostituisci il classico cornetto e cappuccino con alimenti a basso indice glicemico. Pane di segale, yogurt greco, una manciata di noci o fiocchi d’avena stabilizzano la glicemia fin dal mattino, prevenendo i picchi di cortisolo.
  2. Pausa pranzo strategica: Evita pasta e pane raffinati. Prediligi cereali integrali (riso nero, farro) accompagnati da abbondanti verdure fibrose e una fonte proteica magra. Questo mix stabilizza l’asse insulina-cortisolo per tutto il pomeriggio.
  3. Timing dei pasti: Non saltare mai i pasti. Il digiuno prolungato viene interpretato dal corpo come un ulteriore stress, causando picchi di cortisolo. Prevedi spuntini regolari con frutta secca o uno yogurt per mantenere stabili i livelli di energia e glicemia.
  4. Cena anti-stress: Opta per cereali minori come quinoa o amaranto con verdure cotte. Questi carboidrati complessi favoriscono la produzione di serotonina, precursore della melatonina, preparando il corpo al riposo.
  5. Integrazione mirata: Considera il Magnesio Glicinato (non l’ossido, che ha effetti lassativi) per rilassare il sistema nervoso e l’Ashwagandha KSM-66, un adattogeno che ha dimostrato di modulare efficacemente i livelli di cortisolo serale.

Studio di caso: Il protocollo SynchroLab per i manager italiani

Una dimostrazione pratica di questo approccio integrato viene dai centri Be-Move in Italia. Utilizzando il test di embodimetria sviluppato da Motustech, è possibile misurare l’indice di vulnerabilità allo stress di un manager. Il protocollo SynchroLab, che combina attività motoria mirata ed esercizi di respirazione, ha mostrato una riduzione del grasso viscerale del 10-20% in 6-12 mesi nei soggetti con alte responsabilità aziendali, confermando che agire sui sistemi di regolazione dello stress è più efficace della sola dieta.

Affrontare il grasso addominale, quindi, significa prima di tutto gestire la risposta del corpo allo stress, trasformando l’alimentazione da nemico a potente alleato ormonale.

Come strutturare l’ora prima di dormire per guadagnare 2 cicli di sonno profondo?

Per un manager, il sonno non è un lusso, ma una funzione biologica critica per il consolidamento della memoria, la riparazione cellulare e la regolazione emotiva. Il problema non è solo dormire abbastanza, ma raggiungere una quantità adeguata di sonno profondo (fase N3) e sonno REM. È durante queste fasi che avvengono i processi di recupero più importanti. Lavorare fino a tardi e rimanere esposti a schermi luminosi inibisce la produzione di melatonina, l’ormone che orchestra il nostro ciclo sonno-veglia, rendendo difficile l’accesso a queste fasi rigenerative. La soluzione è creare un “rituale di spegnimento” basato sulla cronobiologia, che invii segnali inequivocabili al cervello che è ora di rallentare.

Questo protocollo non è una lista di desideri, ma una sequenza di azioni con precise basi fisiologiche, pensata per abbassare la temperatura corporea, calmare il sistema nervoso e ottimizzare l’ambiente per il riposo. L’obiettivo è trasformare la camera da letto in un santuario del sonno, un luogo associato esclusivamente al recupero e non al lavoro.

Camera da letto italiana con ambiente ottimizzato per il sonno profondo e il recupero psicofisico

Come si può osservare, un ambiente minimale, con luci calde e assenza di distrazioni elettroniche, è il primo passo per preparare la mente al riposo. Ecco come strutturare l’ora che precede il sonno in modo scientifico:

  • 90 minuti prima di dormire: Fai una doccia tiepida, non bollente. Questo provoca una vasodilatazione periferica che, per reazione, abbassa la temperatura corporea centrale, uno dei segnali più potenti per l’avvio della produzione di melatonina.
  • 60-45 minuti prima: Abbassa drasticamente le luci in casa. Usa lampade a luce calda o regolabili. Imposta la temperatura della camera da letto intorno ai 19°C, considerata ideale per un sonno di qualità.
  • 45-15 minuti prima: Esegui un “brain dump”. Prendi un quaderno e scrivi tutte le preoccupazioni, i compiti e le idee che affollano la tua mente. Questo atto fisico di “scaricare” i pensieri su carta libera risorse mentali e previene la ruminazione notturna. Evita assolutamente ogni dispositivo elettronico la cui luce blu blocca la melatonina.
  • 15-0 minuti prima: A letto, pratica esercizi di respirazione come la tecnica 4-7-8 (inspira per 4 secondi, trattieni per 7, espira per 8). Questa pratica attiva il sistema nervoso parasimpatico, abbassando la frequenza cardiaca e inducendo uno stato di calma.

Investire in questa routine significa investire direttamente nella tua performance del giorno dopo. Guadagnare anche solo uno o due cicli di sonno profondo in più può fare la differenza tra una giornata reattiva e una giornata proattiva e lucida.

Multivitaminico sintetico o dieta variata: cosa serve davvero dopo i 40 anni?

Il dibattito tra l’affidarsi a un multivitaminico o puntare tutto su una dieta variata è un classico. Per un professionista over 40 sotto stress cronico, la risposta è più complessa: nessuno dei due, se presi singolarmente, è sufficiente. Una dieta variata è il fondamento, ma lo stress aumenta esponenzialmente il fabbisogno di alcuni nutrienti chiave (come le vitamine del gruppo B e il magnesio) che diventano difficili da coprire solo con l’alimentazione. D’altro canto, un multivitaminico generico è spesso una soluzione inefficace, poiché contiene forme economiche e poco biodisponibili dei nutrienti. In Italia, lo stress lavorativo è un problema dilagante; dati recenti indicano che una persona su due soffre di ansia e insonnia a causa di problematiche legate al lavoro, una condizione che depaupera le riserve di micronutrienti.

Dopo i 40 anni, e in un contesto di forte stress, il corpo fatica di più a convertire le vitamine dalla loro forma inattiva a quella attiva. L’approccio funzionale non è “integrare di più”, ma “integrare meglio”, scegliendo specificamente le forme attive e metilate dei nutrienti, che bypassano i passaggi metabolici più dispendiosi e sono immediatamente utilizzabili dall’organismo. La tabella seguente mette a confronto le forme standard, spesso inefficaci, con quelle attive, essenziali per chi cerca performance e benessere.

Confronto tra forme attive e non attive di vitamine essenziali
Vitamina Forma Non Attiva Forma Attiva (dopo i 40) Benefici Specifici
Folato Acido Folico Metilfolato Migliore assorbimento in stress cronico
B12 Cianocobalamina Metilcobalamina Energia e funzione neurologica
Vitamina D D2 (Ergocalciferolo) D3 (Colecalciferolo) Sistema immunitario e umore
Magnesio Ossido di Magnesio Glicinato di Magnesio Rilassamento nervoso senza effetti lassativi

Pertanto, la strategia vincente non è una scelta tra dieta e integratori, ma un’integrazione sinergica: una dieta ricca e varia come base, potenziata da integratori di alta qualità che forniscano i nutrienti essenziali nella loro forma più efficace e assimilabile per un corpo sotto pressione.

L’errore in palestra che causa infortuni articolari nel 60% dei principianti

Per un manager che passa 50 ore a settimana seduto a una scrivania, l’errore più comune e pericoloso in palestra è credere di poter passare direttamente dalla sedia alla sala pesi. Il corpo di un lavoratore sedentario non è un corpo “neutro”; è un corpo che ha sviluppato specifici squilibri posturali e muscolari. Ore passate al computer portano a flessori dell’anca cronicamente accorciati, una schiena toracica rigida e, soprattutto, a quella che viene definita “amnesia glutea”: i muscoli dei glutei, costantemente inattivi e compressi, “dimenticano” come attivarsi correttamente. Quando questa persona esegue uno squat o uno stacco, il carico viene compensato da altre strutture non adatte, come la zona lombare o le ginocchia, portando inevitabilmente a sovraccarichi e infortuni.

L’approccio corretto non è “allenarsi di più”, ma “prepararsi meglio”. Prima di ogni sessione di allenamento, è indispensabile una routine di attivazione e mobilità che risvegli i muscoli inibiti e ripristini un corretto schema motorio. Questo riscaldamento mirato agisce come un “reset” posturale, preparando il corpo a muoversi in modo sicuro ed efficiente. Come conferma la dottoressa Marta Maria Magda di FisioSportLife, l’approccio deve essere olistico.

Bisogna evitare di concentrarsi sul singolo problema, ampliando l’attenzione su ogni aspetto della vita personale che coinvolga mente, fisico e spiritualità. La collaborazione con diverse figure professionali aiuta a esprimere pienamente il proprio potenziale.

– Dott.ssa Marta Maria Magda, FisioSportLife

Una routine di attivazione pre-workout non è uno stretching passivo, ma una sequenza dinamica che prepara il sistema nervoso e muscolare allo sforzo imminente.

Checklist di attivazione: La routine pre-workout per chi lavora in ufficio

  1. Mobilizzazione dell’anca: Esegui 10-15 rotazioni controllate dell’anca per gamba e una serie di affondi dinamici per contrastare la rigidità dei flessori, accorciati da ore di posizione seduta.
  2. Attivazione dei glutei: Dedica 2-3 minuti a esercizi specifici come il “ponte per i glutei” (glute bridge) e il “clam shell” (aperture a conchiglia) per risvegliare i glutei e combattere l’amnesia glutea.
  3. Mobilità toracica: Pratica rotazioni del busto e l’esercizio “cat-cow” per 1-2 minuti. Questo aiuta a correggere la cifosi dorsale (la “gobba” da computer) e a migliorare la postura.
  4. Attivazione del core profondo: Esegui 2 serie di plank (30-45 secondi) e l’esercizio “dead bug” per attivare il muscolo trasverso dell’addome, che agisce come un corsetto naturale proteggendo la zona lombare.
  5. Mobilità della caviglia: Concludi con stretching per i polpacci e alcune flessioni dorsali per migliorare la mobilità della caviglia, fondamentale per prevenire sovraccarichi sulle ginocchia durante squat e affondi.

Questo approccio trasforma l’allenamento da un potenziale rischio a un potente strumento di riequilibrio posturale e di rilascio dello stress accumulato durante la settimana lavorativa.

Quando iniziare un ciclo detox per preparare il corpo al cambio di stagione?

Il concetto di “detox” è stato spesso banalizzato e associato a diete liquide restrittive e inefficaci. Da un punto di vista medico-funzionale, un ciclo “detox” non significa “purificare” il corpo con rimedi miracolosi, ma supportare scientificamente gli organi emuntori, in primis il fegato, nei loro naturali processi di biotrasformazione ed eliminazione delle tossine. Per un manager, lo stress cronico e uno stile di vita intenso possono sovraccaricare questi sistemi. Il momento migliore per iniziare un protocollo di supporto epatico non è casuale, ma strategico: idealmente, dopo periodi di stress particolarmente intenso (come chiusure trimestrali, lanci di prodotto) o dopo eccessi alimentari (come le festività natalizie e i relativi eventi aziendali).

Il fegato opera attraverso due fasi principali di detossificazione (Fase 1 e Fase 2) che richiedono specifici nutrienti per funzionare in modo ottimale. Un protocollo efficace non si concentra sulla restrizione, ma sull’inclusione di alimenti e fitoterapici che potenziano queste vie metaboliche. La tradizione mediterranea e italiana ci offre già molti degli strumenti necessari. Un ciclo di supporto epatico ben strutturato dura in genere dalle 2 alle 4 settimane e si basa su principi chiari.

  • Supporto alla Fase 1: Questa fase trasforma le tossine liposolubili in composti intermedi. È supportata da antiossidanti presenti in frutta e verdura colorata.
  • Supporto alla Fase 2: Questa fase rende i composti intermedi idrosolubili per poterli eliminare. Richiede amminoacidi e composti solforati. È qui che spesso si crea un “ingorgo” metabolico.

Un protocollo pratico per un manager italiano può includere:

  1. Aumentare le verdure crucifere: Broccoli, cavolfiori, cavoli e rucola, pilastri della nostra cucina, sono ricchissimi di composti solforati come il sulforafano, essenziale per potenziare la Fase 2 della detossificazione epatica.
  2. Integrare precursori del glutatione: Il glutatione è il più potente antiossidante del nostro corpo. Un’integrazione con il suo precursore, la N-acetilcisteina (NAC), è un modo efficace per sostenere la funzione epatica sotto stress.
  3. Utilizzare fitoterapici tradizionali: Il cardo mariano (Silybum marianum) e il carciofo (Cynara scolymus) sono due rimedi della tradizione erboristica italiana con solide evidenze scientifiche nel proteggere e rigenerare le cellule epatiche.
  4. Ottimizzare l’idratazione: Bere almeno 2 litri di acqua al giorno, magari con l’aggiunta di succo di limone fresco al mattino, aiuta ad alcalinizzare e a supportare i reni nell’eliminazione delle tossine rese idrosolubili dal fegato.

Questo approccio permette di preparare il corpo al cambio di stagione, migliorando energia, digestione e resilienza allo stress, senza ricorrere a pratiche estreme e controproducenti.

Perché meditare cambia fisicamente la struttura del tuo cervello in 8 settimane?

Per molti manager, la meditazione è ancora vista come una pratica “soft”, quasi spirituale, con benefici difficili da quantificare. Le neuroscienze moderne hanno completamente ribaltato questa percezione, dimostrando che la meditazione è un vero e proprio allenamento per il cervello, con effetti fisici, misurabili e profondi. Il concetto chiave è la neuroplasticità: la capacità del cervello di riorganizzare la sua struttura, le sue funzioni e le sue connessioni in risposta all’esperienza. La meditazione è una delle esperienze più potenti per guidare questa riorganizzazione in modo positivo. Studi condotti da istituti prestigiosi come Harvard hanno mappato questi cambiamenti con una precisione sorprendente.

La dottoressa Sara Lazar, neuroscienziata della Harvard Medical School, ha condotto studi pionieristici in questo campo. Le sue scoperte sono state rivoluzionarie, mostrando che la meditazione non solo “calma la mente”, ma la rimodella fisicamente.

I meditatori di cinquant’anni hanno lo stesso volume di corteccia cerebrale di un venticinquenne. La meditazione può rallentare o prevenire il declino naturale collegato all’età nella struttura corticale.

– Dr. Sara Lazar, Harvard Medical School – Studio sulla neuroplasticità e meditazione

Uno studio successivo del Massachusetts General Hospital, affiliato ad Harvard, ha quantificato ulteriormente questi effetti, rivelando che dopo 8 settimane di pratica meditativa di 30-40 minuti al giorno si registrano cambiamenti in 5 regioni cerebrali chiave. Le aree che cambiano sono direttamente collegate alle sfide quotidiane di un manager.

Rappresentazione artistica dei cambiamenti neuroplastici nel cervello durante la meditazione

I cambiamenti strutturali più significativi includono:

  • Riduzione dell’amigdala: Quest’area è il centro della risposta “combatti o fuggi”, il motore dell’ansia e dello stress. La meditazione ne riduce letteralmente la densità di materia grigia, rendendoci meno reattivi e più resilienti.
  • Aumento della corteccia prefrontale: È la sede delle funzioni esecutive superiori: concentrazione, processo decisionale e consapevolezza di sé. Un aumento della sua densità significa maggiore capacità di focus e lucidità sotto pressione.
  • Ispessimento dell’ippocampo: Cruciale per l’apprendimento e la memoria, due funzioni costantemente sollecitate nel mondo del lavoro.

Iniziare con soli 10-15 minuti al giorno può già innescare questo processo, rappresentando uno degli investimenti a più alto rendimento per la propria performance mentale e il proprio equilibrio psicofisico a lungo termine.

L’errore di posizionare il monitor controluce rispetto alla finestra

Un dettaglio spesso trascurato nell’ottimizzazione dell’ambiente di lavoro è la gestione della luce naturale. L’errore più comune è posizionare la scrivania in modo che il monitor sia di fronte alla finestra (controluce) o che la finestra sia direttamente alle spalle. Nel primo caso, l’eccessivo contrasto tra la luminosità esterna e lo schermo causa un notevole affaticamento visivo, costringendo gli occhi a un continuo sforzo di adattamento. Nel secondo, la luce che proviene da dietro crea fastidiosi riflessi sul monitor, che non solo riducono la leggibilità ma portano ad assumere posture scorrette per evitarli. Entrambe le configurazioni contribuiscono a mal di testa, secchezza oculare e calo della concentrazione nel corso della giornata.

La soluzione, basata sui principi dell’ergonomia visiva, è tanto semplice quanto efficace. L’obiettivo è avere una fonte di luce naturale che illumini lo spazio di lavoro senza creare abbagliamento diretto o riflessi. Questo non solo migliora il comfort visivo, ma aiuta anche a regolare il nostro ritmo circadiano, l’orologio biologico interno che governa i cicli di sonno e veglia. L’esposizione alla luce naturale durante il giorno è fondamentale per mantenere questo ritmo sincronizzato, migliorando l’energia diurna e la qualità del sonno notturno. Ecco un protocollo di ottimizzazione ergonomica facile da implementare.

  • Posizione ideale della scrivania: Colloca la scrivania perpendicolare alla finestra, con un angolo di 90 gradi. In questo modo, la luce naturale arriva lateralmente, illuminando l’area di lavoro senza colpire direttamente gli occhi o lo schermo.
  • Regola della distanza: Mantieni il monitor a una distanza di circa 50-70 cm dagli occhi. Il bordo superiore dello schermo dovrebbe trovarsi all’altezza degli occhi o leggermente al di sotto, per evitare di dover inclinare la testa.
  • Regola del 20-20-20: Per combattere l’affaticamento da schermo, ogni 20 minuti, sposta lo sguardo dal monitor e fissa un oggetto a circa 20 piedi (6 metri) di distanza per almeno 20 secondi. Questo semplice esercizio rilassa i muscoli oculari.
  • Pausa luce: Ogni 90 minuti, alzati e guarda fuori dalla finestra per 2-3 minuti. Questa breve esposizione alla luce naturale aiuta a “resettare” il sistema visivo e circadiano.
  • Illuminazione supplementare: Se la luce naturale non è sufficiente, utilizza una lampada da tavolo posizionata lateralmente rispetto al monitor, mai dietro o di fronte, per evitare nuovi riflessi.

Ottimizzare la propria postazione non è un vezzo, ma una necessità strategica per preservare la salute visiva e mantenere alti i livelli di energia e concentrazione per tutte le 50 ore settimanali.

Da ricordare

  • L’equilibrio psicofisico non è assenza di malattia, ma ottimizzazione dei sistemi biologici (ormonale, neurologico, immunitario).
  • Lo stress cronico richiede un approccio basato sulla biochimica (gestione del cortisolo, nutrienti in forma attiva) e non solo sulla forza di volontà.
  • Piccoli cambiamenti basati sulla scienza (routine del sonno, attivazione pre-workout, ergonomia) hanno un impatto maggiore di sforzi generici e intensi.

Quali esami di controllo fare assolutamente dopo i 40 anni anche se ti senti bene?

Dopo i 40 anni, l’idea di “sentirsi bene” può essere ingannevole. Lo stress cronico, tipico di una carriera manageriale, agisce in modo silente, generando un’infiammazione di basso grado e squilibri ormonali che non si manifestano con sintomi evidenti fino a quando il danno non è già avanzato. Affidarsi al check-up standard offerto dal sistema sanitario nazionale è come navigare in acque insidiose con una mappa incompleta. Gli esami di routine sono progettati per rilevare una malattia conclamata, non per identificare gli squilibri funzionali che la precedono. Per un professionista che punta all’ottimizzazione e alla longevità, è necessario un pannello di esami più approfondito, un’analisi predittiva che fotografi lo stato reale del sistema. Lo stress sul posto di lavoro è un’epidemia silenziosa, con dati che parlano di circa 4 milioni di lavoratori italiani che ne soffrono, rendendo questo approccio proattivo una necessità.

Un pannello di biomarcatori per un manager stressato non cerca la malattia, ma valuta la resilienza del sistema. Misura l’impatto reale dello stress sul corpo e fornisce dati oggettivi per interventi mirati di nutrizione, integrazione e stile di vita. La tabella seguente illustra le differenze cruciali tra un controllo standard e un’analisi funzionale avanzata.

Panel biomarcatori del professionista stressato vs check-up standard
Esame Check-up Standard Panel Manager Stressato Perché è Importante
Cortisolo No Salivare 4 punti/giorno Mappa la curva dello stress quotidiano, non un singolo valore
DHEA-S No Ormone anti-stress che bilancia il cortisolo; un suo calo è un segnale di esaurimento surrenale
Omocisteina No Indicatore di rischio cardiovascolare più sensibile del colesterolo, legato a carenze di vitamine B
PCR ultrasensibile No Misura l’infiammazione silente di basso grado, radice di molte patologie croniche
Vitamina D Occasionale Sempre Fondamentale non solo per le ossa, ma per l’umore e l’efficienza del sistema immunitario

Discutere questi esami con un medico o un professionista della salute con competenze in medicina funzionale è il primo passo per passare da una gestione passiva della salute a un’ottimizzazione proattiva del proprio capitale più prezioso: il proprio benessere psicofisico.

Scritto da Giulia Bianchi, Medico Chirurgo specializzata in Dermatologia e Nutrizione Clinica, esperta in medicina preventiva e anti-aging. Combina la rigida evidenza scientifica con un approccio olistico per trattare la salute della pelle e il benessere metabolico.